La musica di Wish you Were Here è stata scritta da Roger Waters e David Gilmour, con numerosi riferimenti a Syd Barrett. Syd Barrett fondatore della band, mentalmente instabile a causa all'abuso di stupefacenti, sebbene l'ispirazione della canzone sembra essere venuta dalla morte di Beatrix Louisa Roger (1883 - 1972), nonna di Roger Waters, che a tal proposito racconta: << In genere prima si scrive la musica [di una canzone] e poi il testo, oppure musica e testo insieme. Solo una volta mi è successo di scrivere il testo prima della musica: con 'Wish You Were Here'. [...] L'ho scritta in seguito alla morte di mia nonna. Aveva passato l'ultimo anno della sua vita a casa di mia madre e quando andavo a trovarla mi guardava con un'espressione molto sofferente e diceva 'Robert!'. Robert era suo marito, morto da oltre vent'anni. >> Stéphane Grappelli (1908 - 1997), violinista francese noto per la sua collaborazione con Django Reinhardt, si trovava nello stesso studio di registrazione dei Pink Floyd insieme al collega Yehudi Menuhin, quando Gilmour suggerì che un sottofondo di violino sarebbe stato interessante alla fine di Wish you Were Here. Grappelli accettò di partecipare alla registrazione, ma in fase di mixaggio il suo contributo venne rimosso (è comunque ancora udibile al minuto 5:21). I Pink Floyd giudicarono offensivo menzionare il musicista per un contributo così modesto e per questo motivo il suo nome non compare nei credits dell'album. Testo e Traduzione
Fonte: Web Nell'anniversario della morte della voce dei Queen riascoltiamo 'Innuendo' il disco con cui si confrontava con la sua mortalità, la stessa lucidità del Bowie di 'Blackstar' Innuendo, il quattordicesimo album in studio dei Queen, è uscito il 5 febbraio del 1991. È l’ultimo registrato dalla lineup originale: Freddie Mercury, Brian May, John Deacon e Roger Taylor. L’uscita dell’album, all’epoca, è stata una manna dal cielo per i fan, ancora sotto shock per il “rapimento” della linea di basso di Under Pressure, il singolo collaborazione con David Bowie, da parte di Vanilla Ice, che l’ha usata per la sua mega-hit Ice Ice Baby. «L’ho sentita per la prima volta in una sede del fan club», ha detto Brian May del pezzo. «Ho pensato: interessante, ma nessuno comprerà questa schifezza. Avevo torto, ovviamente». Dopo la morte di David Bowie, a causa di un cancro al fegato, avvenuta pochi dopo la pubblicazione del suo ultimo album Blackstar, molti hanno azzardato un parallelismo tra il percorso tragico di Bowie e quello di Innuendo, pubblicato pochi mesi prima della morte di Mercury, come tutti sanno dovuta alle complicazioni dell’AIDS. I rumor sulla salute del cantante dei Queen esplosero dopo una serie di apparizioni alla fine degli anni ’80, e in particolare dopo quella del 1990 al Dominion Theater di Londra, dove la band riceveva il Brit Award, “Outstanding Contribution to British Music”, l’ultima volta che Mercury si è presentato in pubblico. Nonostante tutto, però, le voci sulla sua malattia venivano regolarmente smentite, soprattutto da Roger Taylor, che insisteva a dire ai giornalisti che «Mercury era in salute e al lavoro». «Freddie aveva una tranquillità incredibile, non l’ho mai sentito lamentarsi», ha detto May nel documentario della BBC del 2011, Days of Our Lives. «Mi ricordo di una sera in particolare, eravamo in giro e lui aveva dei problemi con una gamba. Si è accorto che lo guardavo e mi ha detto: “Brian, vuoi vedere com’è davvero?”, mi ha mostrato come stava e quando ha visto la mia espressione ha aggiunto, “Sono davvero dispiaciuto, non volevo farti questo”. Non l’ho mai sentito lamentarsi, mai, non ha mai detto che la sua vita era una merda e che sarebbe morto. Mai, mai, mai. Era una persona incredibilmente forte». Ascoltare Innuendo, così come Blackstar, non significa confrontarsi con il dolore di uomini con un piede nella fossa. Anzi, sono album di artisti che affrontano la malattia guardandola negli occhi, che vogliono «continuare a lavorare finché il corpo lo consentirà», come ha detto una volta Freddie. E il suono di Innuendo conferma che faceva sul serio. L’album è il ritorno trionfale delle sonorità hard rock di The Miracle, uno dei loro lavori più sottovalutati, mescolate con qualche avventura nella psichedelia floydiana, nella prima EDM e nel romanticismo in stile Smiths. Si apre con la title track, sei minuti e mezzo con un ritmo bolero, un break flamenco e un finale da rock-opera, un brano che tutti hanno subito definito come Bohemian Rhapsody II. Ma è una canzone con un’identità tutta sua, in parte debitrice dell’influenza di Kashmir degli Zeppelin, e anche l’unico brano della discografia con la partecipazione di un secondo chitarrista, Steve Howe degli Yes. «Quando me l’hanno fatta sentire la prima volta ero sconvolto», ha detto Howe al magazine Prog nel 2012. «Poi mi hanno detto, in una specie di coro, “Vogliamo delle linee pazze di chitarra spagnola, improvvisa!” E così ho fatto, ma era difficile. Dopo un paio d’ore mi sono reso conto di avere qualche difficoltà, avevo bisogno di imparare la struttura, i passaggi armonici degli accordi, dovevo capire dove andava a parare la composizione. Ci abbiamo lavorato fino a sera, è stata una bella giornata. Poi ci siamo seduti a tavola, abbiamo cenato e solo dopo abbiamo riascoltato tutto. Erano molto soddisfatti». May ha spiegato che i passaggi più heavy dell’album sono figli del suo amore per i guitar hero di fine anni ’80, Steve Vai e Joe Satriani. La sua performance, però, è tutto meno che virtuosismo fine a sé stesso, anzi è la dimostrazione definitiva di come la sua scrittura e quella di Mercury si completassero a vicenda, due metà di un cerchio perfetto. «Siamo sempre stati più forti tutti insieme», ha detto Roger Trayler in un video promozionale. «Mi sento fortunato, abbiamo passato momenti fantastici. Freddie era un vulcano d’energia, davvero. Lavorare con lui era come tirare sempre fuori il meglio di te stesso, riusciva a ispirare tutti quelli che erano attorno a lui». Headlong nasce da alcune demo che Brian May ha registrato per un suo disco solista; quando ha chiesto a Freddie di registrare una parte di voce, si è reso conto che funzionava troppo bene per non essere un pezzo dei Queen. Anche le meno note The Hitman e I Can’t Live With You mostrano un ritrovato amore per le chitarre, per un sound aggressivo almeno tanto quanto avevano fatto nel 1974 con Sheer Heart Attack. Il ritorno del suono rock è stato accolto con gioia dai fan, soprattutto da quelli più preoccupati per le divagazioni nella New Wave e nel synthpop degli anni ’80. «Siamo sempre stati una band elettrica», diceva Taylor nel 1991. «Poi abbiamo provato a staccarci un po’, ma quando ci allontanavamo troppo c’era sempre qualcuno che si lamentava. Sono convinto che i nostri fan volessero un ritorno di chitarra, basso e batteria rock. L’album è nato pensando a questo». Contemporaneamente, però, sono riusciti a uscire dalla loro comfort zone, esplorando suoni e arrangiamenti nati grazie ai testi, dove Mercury si confrontava con il peggioramento delle sue condizioni di salute. Freddie stava letteralmente morendo di fronte ai suoi amici, e l’esperienza ci ha regalato alcuni dei momenti più memorabili della loro discografia. I’m Going Slightly Mad, nonostante tutto il black humour, è un racconto commovente della sua battaglia contro l’AIDS, e soprattutto contro la demenza che ne deriva, uno dei problemi più drammatici affrontati durante le session. “Just savor every mouthful and treasure every moment when the storms are raging around you”, canta in Don’t Try So Hard, un brano ispirato al Britpop di fine decennio, con tanto di chitarre scampanellanti e sintetizzatore Korg M1 (suonato dal produttore David Richards). Poi la ballata These Are the Days of Our Lives, il singolo più significativo di Innuendo, pubblicato il giorno del 45esimo compleanno di Mercury, con un video che passerà alla storia come l’ultima apparizione di Freddie in vita, girato a maggio del ’91 mentre soffriva terribilmente. FATEMI CANTARE ANCORA, SO CHE NON MI RIMANE MOLTO TEMPO«Più peggiorava più ci dava l’impressione che avesse bisogno di suonare», ha spiegato Roger Taylor. «Aveva bisogno di trovare un motivo per andare avanti, e veniva in studio ogni volta che poteva. È stato un periodo di lavoro molto intenso». Innuendo è stato accolto molto positivamente dai fan e dalla critica, e Mercury ha subito pressato la band per continuare a battere il ferro finché era caldo. «Diceva sempre “Scrivetemi qualcosa, so che non ho ancora molto tempo”», ha detto May in Days of Our Lives. «Datemi cose da cantare, canterò e canterò. Poi quando non ci sarò più fatene quello che volete, finite come preferite». Il risultato è Made in Heaven, con quella Mother Love registrata solo poche settimane prima della sua morte. Nel brano c’è una dichiarazione che sembra un testamento: “I long for peace before I die”. Nonostante tutto, però, ascoltando Innuendo si ha l’impressione che le sue ultime parole fossero già tutte lì, soprattutto nel finale The Show Must Go On. Fonte: Rolling Stone Italia
La leggendaria band hard rock ha scritto sul suo sito: "Ci lascia una grandissima eredità che vivrà per sempre. Malcom, ben fatto".
Gli AC/DC hanno confermato la morte del chitarrista e co-fondatore Malcom Young, che è mancato all’età di 64 anni.
Originario di Glasgow, Young ha fondato la leggendaria band hard rock con il fratello Angus nel 1973. Nel 2014 si era ritirato permanentemente a causa di un principio di demenza. Confermando la notizia sul sito gli AC/DC hanno scritto: “Oggi con il cuore pesante di tristezza gli AC/DC devono annunciare la scomparsa di Malcom Young. Malcom, insieme ad Angus era il fondatore e creatore del gruppo. Con la sua enorme dedizione ed il suo impegno era la forza che guidava la band. Come chitarrista, scrittore e visionario, era un perfezionista e un uomo unico. Diceva e faceva sempre quello che voleva. Era sempre molto orgoglioso di tutti i suoi lavori. La sua lealtà ai fan era senza precedenti”. Angus Young ha aggiunto: “Essendo suo fratello è molto difficile esprimere a parole cosa significasse per me. Il legame che avevamo era unico e molto speciale. Ci lascia una grandissima eredità che vivrà per sempre. Malcom, ben fatto”. La band ha anche fatto sapere che Malcom se n’è andato serenamente con i proprio cari al suo fianco. In ottobre, gli Young avevano perso, all’età di 70 anni, il fratello più vecchio George, chitarrista degli Easybeats e da sempre produttore degli AC/DC.
Come chitarrista per il gruppo, Malcom era un indispensabile supporto per i riff del fratello Angus che riempivano le arene.
Dopo aver formato la band nel 1973, i fratelli Young sono stati accreditati come co-autori di tutti i brani degli AC/DC dal 1975 con il loro debutto High Voltage fino al 2014 con Rock or Bust. Questo album è stato il primo senza Malcom, che ha annunciato il suo ritiro nel settembre di quell’anno. “Ovviamente Malcom ci manca” aveva detto il cantante Brian Johnson a luglio “è un lottatore. Ora si trova in ospedale ma è un lottatore. Teniamo le dita incrociate nella speranza che si rimetta in sesto. Suo nipote Stevie è magnifico, ma quando registri le canzoni con questo peso sul cuore, sapendo che il tuo amico non sta bene, è difficile. Ma sono sicuro che lui sta facendo il tifo per noi”. Il chitarrista si era esibito live l’ultima volta con gli AC/DC nel tour Black Ice del 2008, che si era concluso nel 2010 a Bilbao, in Spagna.
Durante tutta la carriera del AC/DC Malcom e Angus sono stati la principale forza creativa del gruppo, creando inconfondibili riff, che hanno reso la band una delle più grandi di sempre. Insieme i fratelli hanno scritto hit come Back in Black, Hells Bells, Highway to Hell, Thunderstruck, For Those About to Rock (We Salute You),You Shook Me All Night Long.
Nonostante questo, la vita di Malcom non è stata senza conflitti: beveva e ha lasciato brevemente la band nel 1988 per andare in riabilitazione. Dopo alcuni mesi è tornato e da allora è sempre rimasto sobrio.
I fratelli Young e gli AC/DC sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2003.
Quando Rolling Stone nel 2008 ha chiesto loro: “Chi gestisce gli AC/DC?”, Malcom ha risposto “Entrambi. Perché c’eravamo fin dall’inizio”. Intanto arrivano le reazione dal mondo della musica: da Dave Mustaine dei Megadeth a Eddie Van Halen fino a Ozzy Osbourne, Slash e Dave Grohl.
Fonte: Rolling Stone Italia
Quella di Neil Young è una carriera schizofrenica che ha ispirato tutti, da Nick Cave ai Sonic Youth. Nell’estate del 1960 un Neil Young adolescente imbracciava la sua prima chitarra elettrica. Non era il suo primo strumento musicale, a quanto pare un ukulele, ma il più importante. Perché Neil Young non è solo uno dei grandi vecchi del folk, uno dei cantautori “morali” insieme a Dylan e Springsteen; è stato il primo a usare le chitarre distorte e cacofoniche in un modo che influenzerà musicisti di tutte le razze. E se qualcuno avesse dubbi, che si andasse a guardare la lista dei musicisti che hanno partecipato a The Bridge, il disco tributo pubblicato da Caroline Records nel 1989. Flaming Lips, Nick Cave, Pixies, Sonic Youth e Dinosaur Jr; artisti diversi ma accomunati dalla gratitudine verso questo vecchio canadese ingobbito, con il viso consumato dalle rughe e sempre nascosto da un cappello da cowboy. È tante cose, Neil Young: ambientalista, distopico, nichilista, rocker. Oggi compie 72 anni, e qui sotto trovate alcuni dei momenti più iconici della sua carriera, attraverso gli album: gli inizi da poeta della frontiera, la trilogia oscura, la tragedia della droga, le sperimentazioni tecnologiche degli anni ’80 e la rinnovata passione politica. Il cantautore della frontieraHarvest è sicuramente il disco più riconoscibile della discografia di Young, il suo “classico” e la consacrazione nell’olimpo della musica mondiale. È un disco delicato e rurale, che nasconde al suo interno i contorni delle sue composizioni più spettrali, una su tutte la tragica Needle And The Damage Done. Il rapporto con la drogaDopo la morte per overdose del roadie Bruce Barry e di Danny Whitten dei Crazy Horse, Neil Young scrive i suoi dischi più oscuri. Il primo è l’ingannevole On the Beach, che si apre con la spensierata Walk On per poi sprofondare negli otto minuti angoscianti di Ambulance Blues. Un anno dopo esce Tonight’s the Night, il suo capolavoro: un atto d’accusa verso un’epoca intera e racconto autodistruttivo della fine dei sogni del rock. «Tonight’s the Night è un disco sull’overdose. Parla della vita, della droga e della morte», ha detto nella sua prima vera intervista per Rolling Stone, nel 1975. «L’abbiamo registrato per riempire un vuoto». L’aggiornamento tecnologicoGli anni ’80 sono l’occasione per un aggiornamento tecnologico, rappresentato perfettamente da Trans, il suo disco più strano e discusso dai fan. L’elettronica e i filtri vocali applicati alla sua voce danno ai brani una veste sintetica. Ascoltarlo oggi è strano, ma è l’album simbolo delle sperimentazioni di quel decennio, un passaggio affascinante della carriera di Young. Il padrino del GrungeDopo le sperimentazioni degli anni ’80 Young torna in tour con i suoi Crazy Horse e, nel 1991, pubblica il suo disco live più impressionante. Ascoltare Weld con un impianto bello grosso è una prova fisica, una faticaccia. È un album esagerato e rumoroso, che trasforma tutti i pezzi del repertorio in maratone di distorsioni. Recuperatelo. I passi falsi politiciNeil Young è sempre stato un cantautore politico, ma la sua scrittura funziona soprattutto quando trasforma i temi collettivi in dramma interiore. Forse è per questo che gli episodi più “direttamente politici” della sua discografia sono anche i meno riusciti. Monsanto Years, Fork in the Road e, soprattutto, l’ultimo singolo Children of Destiny, sono pieni di retorica, dimenticabili. Se c’è qualcuno a cui il ritorno della musica politica in america ha fatto male, questo è Neil Young. Ma glieli perdoniamo tutti i dischi sbagliati, perché il canadese è un’anima inquieta e sempre in movimento, e ci sorprenderà ancora. Fonte: Rolling Stone Italia Pezzo originale del 1977 cantato da Brian May, ma con Freddie è tutta un'altra storia. La versione originale di "All Dead, All Dead" è cantata da un insolito Brian May, che in quell'occasione lasciò la chitarra da parte per prendere in mano il microfono. "All Dead, All Dead" è un brano bellissimo dei Quenn contenuto nel disco "News Of The World" del 1977. Versione cantata da Freddie Mercury Vi siete mai chiesti come sarebbe stata cantata da Freddie Mercury? Bene, vi diamo la possibilità di scoprirlo... Il prossimo 17 Novembre uscirà la ristampa di News Of The World, nell'attesa è stata messa online una versione del brano cantata da Freddie. Con tutto il rispetto per il nostro Brian May, ma con la voce di Freddie è tutta un'altra storia. Versione Cantata da Brian May Fonte: Rolling Stone Italia
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AutoreIl Rocker Archivio Post
Dicembre 2017
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